Taboo recensione serie tv

TABOO
Quando Tom Hardy divorò lo schermo

Breve premessa.
Tom Hardy (Londra, 1977) è uno tra i migliori attori della sua generazione, forse il migliore. Basti pensare che, nello stesso anno (il 2015), si è distinto con tre interpretazioni memorabili – direi perfette – e totalmente diverse tra loro; in particolare:

  • Child 44 (di Daniel Espinosa)
  • Mad Max: Fury Road (di George Miller)
  • The Revenant (di Alejandro González Iñárritu), per cui ha ricevuto una candidatura agli Oscar 2016.

Tom Hardy è un attore istrionico, un personaggio catalizzatore, un professionista poliedrico. Ne abbiamo ammirato, a volte, la fisicità esplosiva: basti pensare al suo ruolo in Warrior del 2011, dove ha interpretato il figlio di un gigantesco Nick Nolte; o anche alla sua fantastica interpretazione di Bane, nemico di Batman in The dark knight rises (Christopher Nolan, 2012). Il nostro Tom, però, non è solo violenza e spalle poderose, tutt’altro. Abbiamo riso, a tratti, nel vederlo vittima del simbionte nella saga di Venom e ne abbiamo apprezzato le capacità camaleontiche in pellicole di ogni genere possibile, come Dunkirk e Capone.
Insomma, Tom Hardy ha le qualità e il talento per diventare il degno erede di monumenti come Gary Oldman e Morgan Freeman; il paragone potrà sembrare azzardato, ma sarà solo il tempo a dirci se Tom saprà mettere a frutto quanto seminato in questi anni.

All’elenco delle migliori interpretazioni dell’attore, però, da oggi in poi aggiungerò la sua performance in Taboo (serie in otto puntate – prima stagione, ideata da Steven Knight, lo stesso Tom Hardy e suo padre Chips).
Diciamo che la famiglia Hardy, con questo prodotto crepuscolare e avvincente, ha voluto costruire un personaggio cucito sulle spalle del fenomenale Tom, con un unico intento: esaltarlo.

Siamo nel 1814 e l’avventuriero James Delaney (Tom Hardy) torna a Londra in occasione della morte del padre, dopo aver trascorso parecchi anni in Africa.

Delaney eredita l’intero patrimonio assieme alla baia di Nootka, un territorio ambito da molti: la posizione strategica della terra conferisce la possibilità di commerciare con l’Oriente e apre la strada a potenzialità commerciali capaci di stuzzicare l’appetito di tutti; ne sono interessate, infatti, la Compagnia delle Indie Orientali, la Corona inglese e il Governo americano.
Delaney, quindi, si troverà schiacciato tra queste tre forze, ma riuscirà – con una serie di manovre argute e con un piano meticoloso di cui è esclusivo depositario – a dribblare ogni possibile attacco.

Taboo è un “one man show”: togliendo Tom Hardy dall’equazione, verrebbe meno tutta la serie. Sì, ci sono altri personaggi importanti – e anche ben definiti – ma a reggere le fila di tutto lo spettacolo è unicamente Tom: monumentale, impeccabile, affascinante. Ogni inquadratura è progettata per esaltarne lo sguardo magnetico, ogni scena è costruita in modo da celebrare le posture e la fisicità di un personaggio carismatico come pochi.
Lo stile fosco, quasi dark della serie, assieme a una fotografia cupa e lugubre, concorrono a rendere omaggio all’attore che, praticamente da solo, dirige un’orchestra di personaggi che recitano al suo servizio.
Nonostante alcune luci vengano gettate sulla backstory di James Delaney, tanti snodi restano comunque oscuri, cosa che concorre a ingigantire il fascino misterioso di questo avventuriero-stregone affascinante, spietato, prepotente ed estremamente sicuro di sé.

L’aspetto migliore della serie, però, è forse anche il peggiore: l’egemonia di Tom Hardy (sia come attore sia come personaggio) finisce per soffocare gli altri ruoli, e persino la storia, le cui dinamiche risultano interessanti fin quando sopravvive l’interesse per il protagonista: cosa farà adesso James Delaney? Cos’ha in mente? A cosa vuole arrivare davvero?
In questa considerazione trova posto anche l’ultimo atto di questa prima stagione: il finale – per quanto ben costruito – non fa che glorificare le capacità strategiche del protagonista, tirando forse un po’ troppo la corda della sospensione dell’incredulità; lo spettatore, a un certo punto, potrebbe chiedersi quando e come Delaney verrà messo sul serio in difficoltà; quando e come sarà sconfitto, perché d’altronde è un essere umano, e non un supereroe oscuro.
L’epilogo, infine, non ha una struttura circolare ma aperta: il viaggio in mare è il prologo della stagione che verrà.

In definitiva, Taboo è un esperimento pienamente riuscito. Una serie plumbea e uggiosa, dove ogni colore sembra tendere al grigio, al blu scuro, al nero. Tom Hardy, esaltato da questo progetto che lui stesso ha concorso a mettere su, non delude mai, e forse si prende più spazio del dovuto; magari, nella seconda stagione, verrà dato maggiore respiro a personaggi secondari – non privi a loro volta di conflitti interiori. E qualche luce in più, si spera, verrà gettata sul passato di quest’uomo sinistro e conturbante.

© Diego Di Dio, 2023

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One thought

  1. Condivido in pieno questa splendida recensione. Ho adorato “Taboo”, e attendo con ansia la seconda stagione. Tom Hardy è senza dubbio uno dei migliori attori della sua generazione, è carismatico e riesce a recitare soltanto con uno sguardo; la costruzione della serie è fatta proprio per esaltare le sue capacità, si “respira” Tom Hardy in ogni fotogramma.
    Ottima anche la scenografia e in generale la ricostruzione storica e sociale della Londra del 1800.
    La colonna sonora merita un elogio a parte, per quanto è potente e commovente (confesso che spesso la ascolto su YouTube 😂). Un’ottima serie tv che spero continueranno a produrre (ci sono stati commenti poco chiari su questo, negli ultimi anni). Assolutamente consigliata.

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